Sabato 13 Aprile 2019 inaugura Rosso Graspa – Museo del vino e della società rurale a Levizzano, piccolo borgo vicino a Castelvetro di Modena.
Grazie alla curatrice Alessandra Anderlini abbiamo avuto l’opportunità di visitare il museo in anteprima e farci raccontare obiettivi, strumenti e curiosità riguardanti l’esposizione. Un’esperienza che ci ha permesso di potervi anticipare alcune delle chicche che potrete trovare dentro al museo, ma anche al di fuori…

Fotografia di Francesco Ferrarini

Vado subito ad elencare i 10 motivi +1 per cui vi consigliamo caldamente di lasciarvi la città alle spalle, salire in collina e catapultarvi negli anni 30 del ‘900.

1. Il museo è dentro un castello da favola

Il Castello di Levizzano, uno dei tanti castelli della zona non a caso chiamata Terre di Castelli, riapre dopo molto tempo al pubblico ospitando il Museo del vino e della società rurale Rosso Graspa. Quindi, se non per un qualche matrimonio mille anni fa o alcuni degli ultimi eventi organizzati dal Comune di Castelvetro, sicuramente questa è la prima vera occasione per visitarlo e godervelo appieno.

 

2. Rendere omaggio al Lambrusco

Se siete di Modena e dintorni, il Lambrusco è per forza di cose il primo vino che avete bevuto nella vostra vita, rubandolo a tavola al nonno di nascosto o costretti a farlo come rito di iniziazione. Nel Museo ci sono curiosità per tutti e il tema viene affrontato sotto diversi punti di vista, enologico, agricolo ma anche sociale e creativo, dalla chimica agli strumenti di produzione. Il tempo, la competenza e l’ingegno espressi all’epoca per creare questo vino sono i protagonisti indiscussi del Museo.

 

3. Conoscere il lavoro del fotografo Simonini

Tutte le foto presenti nel museo sono state scattate da Giuseppe Simonini, fotografo castelvetrese, che nei 20 anni fra le due guerre ha documentato la vita della società contadina della sua terra. In sella alla sua bicicletta, come raccontano alcune testimonianze, catturava i paesaggi, sudore e sguardi, che oggi rappresentano un importante patrimonio storico.

La famiglia Simonini in campagna

4. Il museo non finisce dentro le mura del castello

Questo Museo è stato progettato per dialogare con il suo paesaggio naturale circostante, e in questo senso si fa carico anche di quello che lo circonda attraverso una narrazione che prosegue anche all’esterno. I percorsi naturalistici proposti per vivere le colline circostanti sono il naturale proseguimento delle storie raccontate nel Museo. Una duplice esperienza di visita che porta alla conoscenza della vita rurale negli anni 30 attraverso il percorso espositivo interno al museo e proseguendo all’esplorazione del paesaggio circostante. Per chi desidera saperne di più può trovare tutti i cammini proposti a questo link.

 

5. Fare a gara a chi indovina più strumenti

Provate a riconoscere seminatrici, poltiglia bordolese, pigiatrici, stadere e uncini, e tanti altri oggetti più o meno sconosciuti, piccoli miracoli dell’artigianato rurale costruiti con pazienza e dedizione per ottenere il Lambrusco Grasparossa.
Ma come sono arrivati a noi tutti questi oggetti? Mano a mano che avanzava il processo di lavorazione della terra, i contadini abbandonavano i vecchi attrezzi. Non se la sentivano però di buttarli perché vi erano in qualche modo affezionati: venivano quindi depositati presso i magazzini del Comune di Castelvetro e oggi, grazie al Museo, ritrovano nuova vita.

Illustrazioni a cura di Marino Neri

6. Scoprire che si può parlare di vino anche ai bambini senza sembrare alcolisti

Il Museo parla di Lambrusco ma anche di tutto ciò che circonda la sua produzione, in particolare della società rurale castelvetrese. Parla quindi di una società conviviale, con forti valori, inclusiva e gogliardica. Il percorso, composto da pezzi dell’epoca, fotografie ma anche pannelli illustrati da Marino Neri (a questo link trovate tutte le volte che ne abbiamo parlato su MoCu), si prestava perfettamente ad una narrazione collaterale per i più piccoli, con tanto di guida dedicata (la trovate al Museo in forma cartacea ma è scaricabile anche a questo link).

 

7. Darsi un tempo diverso

Il Museo invita inevitabilmente a prendersi un momento per fare un tuffo nel passato e vivere, attraverso i personaggi-guida che accompagnano l’esposizione, un ritmo di vita nettamente opposto al nostro, seguendo la luce del giorno e il susseguirsi delle stagioni. Non vi piacerebbe, per un momento, vivere senza internet, senza strade trafficate e senza la sensazione di essere sempre in ritardo?

Fotografia di Monica Montanari

8. Fare l’aperitivo a Levizzano o Castelvetro

Dopo aver appreso come si costruiva una botte, aver sorriso di fronte alle fotografie dell’archivio Simonini e aver percorso uno dei cammini sulle colline del grasparossa, vi meritate un aperitivo negli incantevoli borghi di Levizzano e Castelvetro per concludere la visita in bellezza.

 

9. Recuperare una copia del “Doisneau modenese” Giuseppe Simonini

Parliamo di un favoloso castello e ci sentiamo già un pò più addolciti, ma quando avrete fra le mani una copia del programma degli eventi sarete pervasi da un romanticismo che nemmeno vi ricordavate di avere. Fra le ante del programma delle iniziative è stata inserita una foto di due innamorati che si scambiano un bacio felice e spensierato, appena lo vedrete non potrà che venirvi in mente il super inflazionato Le Baiser De L’Hotel De Ville di Robert Doisneau. Ma che ci fa una foto così dentro il programma del Museo? Io mi son fatta un’idea, ma attendo vostre dopo la visita.

 

10. Perché abbiamo bisogno di riappropriarci della nostra memoria storica 

Ci pensate ad un mondo senza i racconti dei nostri nonni, o dei bisnonni? Questo museo ci aiuta anche in questo, a tenere viva la memoria storica, sociale e culturale del nostro territorio. Perché è importante? É banale, ma tanto non ce lo ricordiamo mai quando serve: la conoscenza del nostro passato ci rende (o dovrebbe renderci) più consapevoli del nostro presente.

 

+1. Perdersi negli sguardi dei protagonisti del museo

Grazie alla sapienza del fotografo Simonini, ma soprattutto alla vivacità ed espressività di uomini, donne e bambini ritratti nelle fotografie esposte nel museo, non si può fare a meno che restare colpiti dai loro sguardi. Ecco perché questi hanno meritato un ulteriore spazio nell’esposizione, con un’installazione della fotografa Elena Romani che rende omaggio ala forte empatia che innescano questi personaggi nel visitatore.

 

Quindi, se vi ho convito, a questo link trovate tutte le informazioni per partire verso la collina e ritrovare un pò di lentezza e tranquillità.
Sabato 13 aprile alle 16,30 l’inaugurazione. Noi ci saremo, e voi?