Il palazzo incantato‘ apre Trasparenze Festival 6, uno spettacolo che ha avuto luogo presso la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia, sotto la regia di Andrea Paolucci del Teatro dell’Argine. Tra i protagonisti figurano alcuni detenuti affiancati ad un gruppo di ragazzi dagli 11 ai 13 anni.
All’ingresso della Casa Circondariale troviamo un grande giardino entro il quale siamo accolti da un vivace profumo di fiori ed erbe aromatiche, che fanno da cornice alle meticolose serre e verziere. Sono presenti arbusti di camomilla selvatica, qualche piantina di menta e un gran numero di coniglietti e bombi che si aggirano nel composito prato.
La messa in scena ha luogo in uno dei corridoi dell’edificio lungo il quale il pubblico viene fatto accomodare su delle panche a ridosso del muro; ad illuminare la scena troviamo una fila di lampadine poste sul soffitto. Ad ogni spettatore viene consegnata un’audio guida tramite la quale ascolta la narrazione, che vede l’alternarsi di due voci che si intersecano in un dialogo. Sono le voci di un adulto che racconta le gesta di Orlando e di una ragazzina che lo ascolta e lo esorta. Il testo si incentra sulla figura del palazzo incantato, un labirinto spaziale nel quale vagano i più famosi cavalieri, attirati dentro quest’ultimo dalla visione di una donna amata, di un nemico o di un oggetto perduto, ed è accompagnato dalla pantomima degli attori che si muovono lungo tutto il corridoio.


Alla presentazione di Trasparenze Festival 6 Stefano Tè ha spiegato che l’obbiettivo del festival è quello di lasciarsi i muri alle spalle ed è ciò che letteralmente avviene durante questa performance, infatti gli spettatori siedono con il muro alle spalle ed entrano a far parte della rappresentazione. Con una serie di sguardi, richiami e giochi di mimica da parte degli attori, il pubblico diviene partecipe creando un filo immaginario che lega tutti secondo una collaborazione eterogenea.
Infine, all’uscita trova spazio una bancarella in cui vengono vendute delle bambole realizzate dagli ospiti della casa di reclusione. I volontari spiegano che nessuno di loro, né insegnanti né educatori, sapeva cucire e come, con grandissima costanza e impegno, siano stati raggiunti risultati ammirevoli.

 

Fotografie di Chiara Ferrin