La Corte delle Arti è un’iniziativa che ha visto per un intero week end gli spazi eleganti ed impopolari del Castello di Spezzano (MO), dalle sale al giardino, occupati da performance di danza site-specific. Quattro spettacoli per quattro coreografi ospiti:

Nicola Galli, ferrarese, nei suoi lavori indaga le nozioni di “stratificazione” e “paesaggio”, a partire dalla geometria e dall’astronomia, fino ad analizzare la più precisa anatomia umana. Venerdì 12 ottobre è andato in scena con Genoma scenico.

Barbara Berti, sempre in scena il 12 ottobre con Bau#1, bolognese, elabora il suo linguaggio coreografico anche per mezzo di discipline ibride come instant composition, body-mind centering, meditazione e contact improvisation.

Elisabetta di Terlizzi, cofondatrice del Progetto Brockenhaus, porta in scena Pasoliniana, una passeggiata con performance che omaggia Pier Paolo Pasolini.

Manfredi Perego, parmense, indaga una scrittura per immagini che si fonda su un movimento primitivo, in cui si intrecciano segno, spazio e grafie in movimento. Esegue, per la Corte delle Arti, Primitiva.

 

Noi di Mo.Cu abbiamo partecipato alla giornata di sabato 13, che ha visto susseguirsi dalle 18.00 gli spettacoli di Elisabetta di Terlizzi e Manfredi Perego.

   PASOLINIANA    

È una performance portata in scena con un gruppo creato ad hoc, su audizione, con un laboratorio intensivo nei giorni precedenti l’esibizione. Alle ore 18.00, due onirici personaggi femminili con abiti appariscenti vengono a recuperarci nel parcheggio del Castello. Elisabetta di Terlizzi, nei panni di Pasolini regista, resa credibile dai peculiari e rettangolari occhiali neri, dall’impermeabile beige (che subito ci riporta alle foto di Pasolini degli anni ’70, in compagnia dell’amico Alberto Moravia o Maria Callas) pallone da calcio sotto braccio, passione più volte dichiarata, e un megafono, strumento da set cinematografico, coordina i performer, che incarnano ruoli fedeli alla sensibilità del regista, proprio come se stessimo assistendo ad uno dei numerosi ciak: giovani della periferia romana, prostitute chiacchierone, ruoli drammatici, ma che nel dramma hanno saputo riscoprire una propria ironia e a consolidare una propria identità, un po’ come l’indimenticabile Accattone, fino alle figure più metaforiche e mitologiche, sulla scia dell’Edipo o di Medea.

La passeggiata lungo il cortile del Castello di Spezzano, rivela inaspettatamente, tra gli alberi o sfruttando scale e muri, piccoli quadri, micro scenette, momenti appesi, di teatro danza. Non capita spesso che i personaggi si rifacciano alla parola per comunicare, usano per lo più il corpo, elemento fondamentale nella poetica di Pasolini. Quando parlano però, lo fanno rigorosamente in dialetto, romano a volte, ma per lo più modenese. Il dialetto era la lingua per eccellenza, secondo Pasolini, quella che esplode dalla pancia, spontanea, che tradisce l’appartenenza geografica e quindi anche la propria formazione antropologica, molto diverso dall’italiano ufficiale, che considerava artificiale, appianante delle particolarità, come un rullo compressore.

La performance è piacevole e rispettosa dell’autorità di Pasolini, un omaggio che sfiora, che evoca e rispetta, senza la pretesa di spiegare l’uomo e l’artista, maestro di complessità, nella quale, sono convinta, vale sempre la pena provare a perdersi.

 

   PRIMITIVA   

Il secondo spettacolo inizia alle 19.30. Si tratta di Primitiva di Manfredi Perego, già vincitore nel 2017 del premio Giovane Danza d’Autore. La performance è un solo riadattato all’ambiente della Sala delle Vedute del Castello, una sala affrescata per intero nel 1587 con un ciclo pittorico finalizzato a celebrare la potenza dei Pio di Savoia attraverso la rappresentazione di castelli, paesi e borgate, dalla pianura alla montagna, suddiviso in cinque podesterie: Sassuolo, Spezzano, Formigine, Brandola, e Soliera.

Lo spazio artistico è definito da un quadrato nero disegnato sul suolo, mentre le sedie degli spettatori sono collocate tutte intorno, questa è una disposizione tipica del teatro e della coreografia contemporanea, che riesamina la relazione tra pubblico e artista e non impone un unico fronte.

L’intera performance, come tradisce il titolo, ricerca un movimento primitivo ed archetipico che si realizza con la cura del dettaglio del gesto e con il rapporto tra corpo e spazio, verticale ed orizzontale, in particolare l’esplorazione del suolo, tanto che solo con estrema difficoltà l’artista abbandona la quadrupedia, con la quale sonda il quadrato d’azione e la propria cinesfera, per consolidare una verticalità del corpo, che il più delle volte si realizza solo con il desiderio, con lo sguardo, col fissare l’alto in cerca di un universo altro con cui confrontarsi. La performance segue dei ritmi interiori che prima si sviluppano nella percussione del suolo, poi nella percussione del proprio corpo fino all’esasperazione del respiro, che scandisce il tempo. La luce è fredda, come quella dei territori sconosciuti, e la ricerca, l’esplorazione, è intima, giocata in solitudine nell’eterna dicotomia tra il fuori e il dentro. L’abilità del danzatore, il cui movimento è prodotto di un percorso che vede numerose contaminazioni, il modo con cui gioca con il peso e le leve del proprio corpo, fino alla delicatezza e precisione di alcune articolazioni delle periferie, mani e piedi, è innegabile, e la costruzione della coreografia percepita come significativa, sfocia in un caloroso applauso del pubblico, che stringe in sé esperti del settore, ma anche curiosi profani.

 

 

La Corte delle Arti nasce dalla collaborazione del Comune di Fiorano con TIR Danza, un organismo di produzione che opera nel campo della danza contemporanea di ricerca e d’autore, attraverso azioni di accompagnamento e sostegno ad artisti coreografi, valorizzandone le identità e le creazioni, ed è inserita all’interno di Intercity – percorsi di danza fra le città darte, realizzati dalla rete Anticorpi con il sostegno della Regione Emilia-Romagna in occasione della settimana della cultura di EnERgie Diffuse – Emilia-Romagna.

Un’ottima iniziativa che ha saputo valorizzare il lavoro di coreografi ormai conferme dell’ambiente della danza contemporanea, sia per gli spazi concessi (Manfredi Perego, durante gli applausi, con un gesto, ringrazia la bellezza dalla Sala delle Vedute), sia per l’interesse a rendere centrale il tema della coreografia d’autore per due intere giornate.