L’Italia è un paese in cui si legge molto poco ed è inoltre da anni protagonista di un’incoerenza singolare: è presenza fissa sul fondo della classifica dei paesi in cui si legge di più, ma lo è anche in cima a quella per numero di pubblicazioni. Dunque un paese in cui pare che le case editrici pubblichino moltissimo per pochissimi, dove i marchi indipendenti faticano ad entrare nelle librerie e dove, se non si tratta di narrativa e saggistica, gli altri generi sembrano essere pressoché ignorati. In questo scenario la poesia rappresenta un genere quasi di ultra nicchia che si riferisce perlopiù ad autori classici e moderni. Abbiamo incontrato Marco Bini che con New Jersey, la sua raccolta di poesie che arriva in questi giorni in libreria, ha scelto di raccontare in versi la provincia modenese e ci ha offerto la sua visione sul senso di scrivere poesia oggi.

Marco Bini New Jersey Libro Poesia Modena

 

Come nasce il tuo percorso letterario?

La passione per la letteratura, come accade per molti, ha origine durante gli anni del liceo quando ho iniziato a scrivere le prime cose, poi con il passare del tempo ho acquisito più consapevolezza. Questo è avvenuto inizialmente attraverso gli incontri e i confronti con altre persone appassionate come me, ma è stato soprattutto quando la scrittura è diventata un’attività più continuativa realizzando le prime recensioni di libri di altri autori o avviando collaborazioni con riviste del settore, o facendo alcune traduzioni. Nello specifico per la poesia è stato anche importante essere coinvolto nell’organizzazione del Poesia Festival. Si tratta di un evento che mi ha fatto capire meglio quali fossero gli autori da leggere e che mi ha dato l’opportunità di approfondire, in particolare sono state anche le occasioni d’incontro che si sono rivelate estremamente utili per il mio percorso.

 

Quale posto conserva la poesia in un contesto in cui si legge poco e dove rappresenta un genere ancora legato a riferimenti classici e a cliché passati?

Purtroppo il cliché esiste e lo definirei “malvagio”; penso però che la lettura di autori più datati, cosiddetti classici, sia fondamentale. Magari superando quel che resta del retaggio scolastico che a volte li ha resi noiosi e distanti, ma andando anche oltre la soglia del linguaggio, perché chi è “classico” lo è perché rimane e ha qualcosa da dire anche oggi.

Attualmente c’è pochissima conoscenza degli autori contemporanei presso il pubblico meno appassionato, ma la poesia ha un suo posto. In questo senso il web ha in qualche modo aiutato, prima con la nascita di blog dedicati, poi con social su cui ci sono anche stati autori che hanno iniziato il proprio percorso per arrivare a costruirsi in seguito un’identità più strutturata e creandosi un pubblico. Il web sicuramente ha il limite del “proporre tutto” e quindi con valori letterari molto diversi e anche il fatto di proporre un linguaggio discontinuo non è positivo, però è un segnale che la parola dice ancora qualcosa e che rimane un mezzo potente che arriva a colpire.

È praticamente da sempre che sento dire che la poesia è morta invece evidentemente non è così, può mutare nelle forme nei modi ma è sempre lì.

 

Marco Bini New Jersey Libro Poesia Modena

La provincia rappresenta uno scenario letterario stimolante, tanto è vero che sono stati in tanti a esplorarlo. Nella narrativa è ormai quasi da considerare un genere e, al racconto di quella emiliana in particolare, sono legati molti autori italiani. Ma com’è possibile raccontare la provincia in versi?

È vero che esiste una genealogia di autori che hanno raccontato la provincia italiana e lo è anche che quella emiliana ha quasi dato vita ad un genere a parte; penso che la letteratura italiana sia più di provincia che non legata alle città perché forse non si è mai sviluppata una letteratura metropolitana forte.

Io arrivo da una serie di esperienze che raccontano l’Emilia, il suo mondo e il suo modo di essere, e propongo il mio punto di vista. La poesia ha comunque una capacità di racconto molto forte, non ha la conseguenzialità del romanzo ma ha l’incisività del breve cenno che suggerisce un’immagine, una sensazione potente in cui al ritmo della narrativa si sostituisce il peso di ogni parola. Penso che sia quindi un incontro: quello tra il racconto dell’esperienza vissuta e la forza delle parole nel testo poetico.

 

 

New Jersey è la suggestione della provincia in cui vivi, che conosci e che racconti, ma probabilmente rappresenta qualcosa di più ampio: uno stato d’animo?

La raccolta affronta per una buona metà temi differenti rispetto alla provincia. Ci sono sezioni che affrontano i ricordi, gli affetti, la storia e il rapporto con la lingua e la scrittura. New Jersey è un concetto che si amplia, quindi: è la sensazione di lontananza irrimediabile non solo geografica, ma anche dal desiderio, dalla pienezza; è la sensazione di vivere un tempo poco decisivo, dove tutto o quasi accade altrove o è già accaduto. È anche però uno scatto d’orgoglio, la rivendicazione di un’identità, un modo di essere. La citazione iniziale è quella da Brodskij sulla “scuola d’insicurezza”:

la poesia articola domande e non fornisce risposte, non rende più saldi, ma più forti, perché abitua a ricevere in modo più intenso i segnali del mondo.

Come diceva in una sua celebre poesia un altro grande del ‘900 che amo, Franco Fortini:

La poesia non muta nulla.
Nulla è sicuro, ma scrivi.

Scrivere è la scelta di vivere in un certo modo: poco comodo, sempre fuori posto, il più delle volte inadeguato, in una costante relazione complicata con il mondo.

 

Cosa rappresenta di diverso “New Jersey” rispetto ai tuoi precedenti lavori?

Quando faccio riferimento alle “sfide” che mi sono posto con questo nuovo lavoro, penso all’assunzione piena della responsabilità dello sguardo e di conseguenza della scrittura in prima persona.

Altro aspetto importante sono i luoghi. Nei miei lavori precedenti le topografie erano quasi sempre indefinite o di suggestione, citavo luoghi non per la loro realtà geografica ma per quello che suggerivano alla fantasia. Avevo difficoltà a trovare un modo per scrivere dei miei luoghi che mi sembrasse centrato e significativo, questa volta ho sentito di poterlo fare. Ho messo all’inizio del libro una citazione da Luigi Ghirri che parla della difficoltà per la provincia di raccontare la propria storia che è esattamente quello che provavo e che ho cercato di affrontare, sia per quanto riguarda i luoghi che per quanto riguarda me stesso. La poesia non è mai al campo base, è come se fosse sempre in missione e debba cercare di superare dei limiti. Nel mio caso è stata la complessità di trovare un racconto di me stesso e delle mie radici.

Marco Bini New Jersey Libro Poesia Modena

 

Tra i riferimenti presenti nella raccolta c’è Seamus Heaney.

Sì, c’è Heaney ma ci sono moltissimi riferimenti ad autori importanti e anche a classici che derivano dai miei studi. Poi ci sono le predilezioni e Seamus Heaney è assolutamente tra queste. Tenendo presente la dovuta distanza e le corrette proporzioni, mi piacerebbe riuscire a fare l’operazione letteraria che a lui è riuscita in maniera straordinaria: ha fatto dei suoi luoghi un racconto universale, facendo sprigionare dalla sua Irlanda rurale, dal suo piccolo, una luminosità sorprendente. Ma l’Irlanda  per la letteratura del’900 è stata un incredibile generatore di talento.

 

Arrivato alla terza pubblicazione, dove si rivolge ora la tua attenzione per la scrittura?

Il focus è orientato sulla scrittura, la pubblicazione è importante perché dà una sensazione di compimento al lavoro che si è fatto e che io affronto sempre con serietà e non come se fosse un hobby, ma lo scrivere è qualcosa di fondamentale nella mia vita. Mi piace pensare ad un me che anche tra molto tempo scrive ancora e magari pubblica, è come essere un po’ oltre sé stessi, è come se aggiungessi qualcosa alla mia vita e per me è importante.