Il 25 Novembre è la GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE e con questo pretesto vorrei raccontarvi la storia di Sara Bergamaschi, che con la sua organizzazione non governativa SAHR si occupa ogni giorno di diritti umani e giustizia, e lo fa partendo dalle donne.

Conosco Sara dai tempi della scuola. Non è mai stata evidentemente una persona “ordinaria”, aveva sempre idee fuori dalle righe, il più delle volte in pochi ne capivano il senso; quando si è ragazzi certi comportamenti stimolano incomprensioni e irrisione piuttosto che apprezzamenti o curiosità. Ma Sara è sempre andata avanti con grande determinazione, e immagino anche tanta fatica, nel perseguire i suoi grandiosi obiettivi. Oggi la incontro virtualmente (Sara adesso si trova a San Francisco a nove ore di fuso orario dalla mia scrivania) per parlare di SAHR, la sua organizzazione non governativa in difesa delle donne, fondata dieci anni fa. Per raccontarvi il prezioso operato di questi dieci anni è necessario però prima spiegare chi è Sara, e come è arrivata fin qui.

I am interested in how women are saving us. They’re saving us by redefining and re-imagining a future that defies and blurs accepted polarities, polarities we’ve taken for granted for a long time, like the ones between modernity and tradition and between oppression and opportunity.

  Kavita Ramdas  
Direttrice del Women’s Rights Program della   Open Society Foundations  

Sono interessata al modo in cui le donne ci stanno salvando. Ci stanno salvando ridefinendo e re-immaginando un futuro che sfidi e offuschi le contrapposizioni che abbiamo dato per scontate per molto tempo, come quelle tra modernità e tradizione o tra oppressione e opportunità.

 

Ciao Sara. Raccontami qual è stato il tuo percorso formativo e lavorativo, come sei arrivata a SAHR, e come nasce l’organizzazione.

Era l’estate del 2003, come tu probabilmente ricordi. Erano giorni caldi di luglio, quando ci salutammo davanti al Liceo Classico San Carlo, ognuno prendendo la propria strada. Io avevo una passione smodata per la filosofia tedesca e così sono partita per Berlino. Una volta arrivata nell’affascinante capitale tedesca di 15 anni fa, quindi non ancora così hip come ora, ho imparato il tedesco molto in fretta.. le lunghe notti a studiare latino e il greco erano servite a qualcosa! Sono riuscita ad entrare alla Facoltà di Scienze Politiche della Freie Universität Berlin, nonostante l’impossibile burocrazia. Ho proseguito gli studi tra Parigi e Washington DC seguendo un Master in “Sicurezza Internazionale” con un focus specifico sulla legge umanitaria internazionale e sulle questioni di genere nel Medio Oriente. Poi un effetto domino mi ha portata in decine di paesi, attraverso numerosi confini, e a conoscere e lavorare in alcune delle comunità più marginalizzate del mondo.

Nel 2011 sono entrata in contatto per la prima volta con SAHR, che è l’acronimo di Strategic Advocacy for Human Rights. SAHR esiste dal 2008 ed è stata fondata da Natasha Latiff, un’avvocatessa della Corte Suprema di Singapore, nata da una famiglia musulmana di origini pakistane e cinesi. Natasha è sicuramente la nostra stella polare e l’anima pulsante di SAHR e con il suo spirito coraggioso è riuscita a far crescere l’organizzazione con più di 100 membri in diversi paesi del mondo. Nel suo percorso di studi in legge alla University of Warwick (UK), Natasha si è resa conto che le vittime delle violenze di genere solo in casi molto rari possono fare ricorso a sistemi di giustizia effettivi e in grado di fare la differenza per le loro vite. È questa scintilla di profonda realizzazione delle ingiustizie perpetrate dal sistema di patriarcato che l’ha portata a viaggiare da sola in Afghanistan. Era interessata a comprendere le leggi sullo stupro in quel paese e dopo aver visitato scuole e aver intervistato attiviste afgane, si è resa conto che non c’erano materiali sufficienti per equipaggiare gli avvocati nelle cause per difesa dei diritti umani, e che nessuno di loro aveva accesso alle informazioni su questioni relative alla giustizia di genere. Così, all’appello di un gruppo di avvocatesse afgane, Natasha ha fondato SAHR con l’obiettivo di lottare per ridefinire e reinterpretare i diritti legali delle donne

La mia collaborazione con SAHR si è approfondita mentre portavo a termine gli studi, iniziando la mia carriera internazionale e cambiando paesi e posizioni. Nel 2012 sono stata incaricata dalla Cooperazione Tedesca (GIZ) prima a Francoforte poi a Rabat, per lavorare ad un programma di sensibilizzazione sui diritti delle donne. Nel 2013 sono passata all’ambasciata italiana in Egitto dove lavoravo su progetti di diritti delle donne e dei bambini. Nel 2014 ho lavorato in Iraq con IRC, un’organizzazione non governativa americana che si occupa di assistenza umanitaria ai profughi, per poi passare alle Nazioni Unite in Giordania, Turchia e New York, focalizzandomi su una delle più grandi crisi umanitarie degli scorsi decenni, quella siriana. Durante questo lungo percorso, la stima e rispetto reciproci tra i membri fondatori di SAHR sono aumentate e le affinità elettive in nome della giustizia di genere si sono fuse con la determinazione. Tutto ciò ha permesso di creare le giuste condizioni di fiducia per poter metter le basi nella costruzione dell’organizzazione su cui, in questo momento, sto focalizzando tutte le mie energie.

Hai giustamente menzionato il sistema di “patriarcato”, concetto chiave alla luce anche dell’attuale e scandalosa situazione del nostro paese. Oggi in Italia si stima che il 31,5% delle donne (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della vita una qualche forma di violenza fisica e sessuale. Tu vivi situazioni apparentemente molto lontane da noi, qual è la connessione?

Seppur SAHR difenda i diritti delle donne che vengono completamente calpestati in terre lontanissime come l’Afghanistan, la dinamica fondamentale per cui le donne vengono violentate, abusate, messe in silenzio ed in ginocchio in paesi culturalmente molto diversi dal nostro, è esattamente la stessa che spinge gli uomini a usare violenza o uccidere le donne in Italia: il sistema di patriarcato. È fondamentale spiegare e combattere questo sistema, per tutti noi, uomini e donne, per arrivare a vivere in un mondo dove le relazioni sono basate su uguaglianza, libertà, stima e rispetto, non coercizione, violenza, potere ed abuso.

La storia della violenza contro le donne è strettamente legata all’idea arcaica della donna percepita come proprietà privata, sottomessa a un uomo “proprietario”. L’idea della donna come oggetto non autonomo e privo di cittadinanza nasce con l’affermarsi dell’istituzione patriarcale, come sistema mondiale globale, in cui le disuguaglianze di genere si perpetuano meccanicamente.  Il patriarcato è definito come un sistema di dominio maschile. Patriarcato significa letteralmente “la regola del padre” e deriva dal greco πατριάρχης (patriarkhēs), “padre di una razza” o “capo di una razza, Patriarca “, che è un composto di πατριά (Patria), “stirpe, discendenza, etnia” (da pater πατήρ, “padre”) e ἄρχω (arkhō), “comando”.

Patriarcato | La donna come proprietà privata e come proprietà collettiva
di Maddalena Celano
  A questo link l’articolo completo  

Tu e le tue coraggiose colleghe di SAHR opponete un’importante resistenza, e il vostro lavoro è fondamentale per capovolgere i giochi di potere e le strutture di disuguaglianza. Riesci a farmi un quadro sull’attuale situazione dei diritti delle donne e delle bambine a livello internazionale?

Si stima che 4 miliardi di donne e bambine nel mondo siano escluse dallo stato di diritto e oltre 150 paesi abbiamo almeno una legge che discrimina le donne e le bambine, che sono particolarmente vulnerabili alla violenza. Le vittime di stupro sono troppo spesso accusate dei crimini commessi contro di loro, punite, condannate, detenute o anche assassinate per i loro sforzi e il loro coraggio di rivendicare i loro diritti e la loro dignità.

 

Adesso parliamo di SAHR nel dettaglio. Puoi raccontarmi di che cosa si occupa e chi ne fa parte?

SAHR è stata fondata con la visione di creare un mondo in cui ogni sopravvissuto alla violenza di genere abbia accesso a sistemi di giustizia equi e che offra guarigione e spazi per la ricerca della verità. In questi dieci anni abbiamo rimosso barriere come leggi distorte, norme oppressive e consigli legali inadeguati, che impediscono alle donne di ricevere giustizia. Abbiamo formato e consigliato oltre 500 avvocati, attivisti, autorità giudiziarie e organizzazioni comunitarie su come affrontare e vincere i processi giudiziari di difesa delle donne nelle corti, apportando cambiamenti reali nella vita dei sopravvissuti alla violenza in diversi paesi del mondo.

SAHR è un’organizzazione di giovani avvocatesse, attiviste, ricercatrici, artiste, musiciste, designers ed imprenditrici sociali, guidate da un flat leadership team formato da appunto Natasha, da me e da Nishma, avvocatessa di famiglia indiana nata e cresciuta a Londra, ed ora a capo della gestione dei nostri programmi a Mumbai. Il nostro lavoro è incentrato sul mettere in costante discussione gli stereotipi di genere praticando la legge attraverso una lente femminista. Assistiamo comunità locali in casi di difesa a donne vittime di violenza e creiamo spazi che offrono “healing” (guarigione) attraverso la pratica dello storytelling in contesti di giustizia informali perché, spesso, nei tribunali non ci sono le condizioni per lavorare sul trauma. Fuori dalle aule invece usiamo espressioni artistiche come il teatro, la danza o la musicoterapia.

SAHR interviene direttamente nelle corti locali in paesi come l’Afghanistan e l’India o attraverso solide partnership con collettivi femministi, per esempio in Medio Oriente. Supporta progetti e individui in paesi come Pakistan, Libia, Palestina, Libano, Marocco, Egitto, Turchia e Siria. Il Team di SAHR è culturalmente e geograficamente diversificato al fine di stringere forti legami con le comunità in cui interviene combattendo per il progresso dei diritti umani e della giustizia.

If we’re going to change things, to really make change happen, we have to change the architecture of human relationships. That is, the culprit is not this group, that group, this practice, the other practice, it’s the way we connect with each other, the way we work with each other.

Mahnaz Afkhami – Fondatrice di   Women’s Learning Partnership  

Se stiamo attuando un cambiamento, per fare in modo che questo accada, dobbiamo cambiare l’architettura delle relazioni umane. Il punto è che il colpevole non è questo gruppo piuttosto che un altro gruppo, questa pratica o un’altra; è il modo in cui noi stessi ci connettiamo con gli altri, il modo in cui lavoriamo gli uni con gli altri.

Puoi farmi alcuni esempi concreti di casi di cui si occupa SAHR?

Per darvi un’idea concreta del nostro lavoro, i casi di cui ci occupiamo includono donne imprigionate su accuse false o sbagliate o donne che hanno subito violenze sessuali. In quest’ultima situazione, nel 90% dei casi esaminati, le donne ricevono questi riscontri:

  1. NON vengono credute
  2. Subiscono i cosiddetti virginity tests (test della verginità), procedure mediche dubbie e senza fondamento che ri-traumatizzano le vittime, e non solo, arrivano ad azzerare la loro dignità ed annichilire il senso di giustizia
  3. Vanno in prigione perché la sentenza dà loro la colpa dello stupro
  4. Si ritrovano a dover sposare lo stupratore per uscire dalla prigione

Altri casi di cui ci occupiamo sono torture, rapimenti o altre forme di violenza contro le donne. Il lavoro di difesa legale alle donne è un lavoro molto lento, richiede pazienza e capacità di rimanere ottimiste in società conservatrici dove le voci e le vite delle donne non hanno né spazio né peso. È fondamentale per noi fare un’azione di Community Lawering e cioè formare e istruire gli individui delle comunità più escluse sui loro diritti e sul valore legale della loro vita in modo che si possano proteggere il più possibile da abusi e violazioni.

 

Qual è l’obiettivo primario di SAHR?

L’obiettivo primario è arrivare ad ottenere i fondi necessari per continuare i nostri programmi di supporto al lavoro di difesa legale delle avvocatesse locali. I progetti principali a cui stiamo lavorando duramente e per i quali stiamo cercando sostegno sono ad esempio la difesa legale delle vittime dei “test della verginità” in Afghanistan, e la creazione di feminist legal aid clinics in tutta l’India.  Il nostro sogno è quello di espanderci in più paesi e contesti possibili portando il nostro spirito, la determinazione e la nostra creatività in molte altre parti del mondo.

 

È importante notare come il lavoro di difesa dei diritti delle donne sia pericoloso e molto delicato per via delle storie confidenziali delle vittime. SAHR opera in maniera underground e under-the-radar e con pochissime risorse finanziarie, attraverso reti locali affidabili e partner locali. Come riuscite a finanziare le vostre azioni?

In questo momento io sono responsabile della crescita del profilo dell’organizzazione qui a San Francisco. Lavoriamo giorno e notte sulla creazione di strategie legate alla visibilità presso privati, fondazioni e altri enti o individui interessati alle questioni di giustizia di genere. Nel 2013 abbiamo registrato SAHR negli Stati Uniti come NGO, una cosiddetta 501(c)3, in modo da essere in grado di ricevere fondi dal grande sistema filantropico americano. Siamo estremamente grate a una fondazione in particolare, la grandissima FRIDA – The Young Feminist Fund, che seppur con poco ci ha sempre sostenuto permettendoci di seguire alcuni casi molto gravi in Afghanistan e di creare un progetto pilota di storytelling a Mumbai in collaborazione con i nostri partner locali, il Bussy Project e la Red Elephant foundation.  

Lavorare su programmi mirati a dare l’accesso a sistemi di giustizia altrimenti inaccessibili è la leva fondamentale per ribaltare veramente i giochi di poteri e per colmare il vuoto tra i potenti e gli oppressi. Ma questi programmi, purtroppo, sono quelli a cui, paradossalmente, negli scorsi anni non sono mai stati allocati fondi sufficienti. Oggi però è un momento cruciale per assicurare i fondi necessari per la continuazione delle attività in paesi come India e Afghanistan che sono ad alto rischio per via del mancato interesse della comunità internazionale verso questo tipo di progetti legali.

 

A livello organizzativo come funziona SAHR? Come riuscite a coordinare il lavoro tra leadership team, tu ora a San Francisco, Natasha tra Singapore e Kabul e Nishma tra Mumbai e Londra?

Vuoi sapere come fanno a parlare tra di loro tre co-fondatrici che sono a 12, 13 o a 16 ore di fuso più avanti di te? Beh, si, è un’ardua impresa davvero. Ma solo chi persiste fino alla fine arriva alla meta, giusto? Molte notti io vado a letto molto tardi e allo stesso modo molte mattine Natasha e Nishma si alzano prestissimo per trovare i tempi che possano combaciare e per riuscire a parlarci.

Per quanto riguarda le risorse umane, dobbiamo dire che siamo molto fortunate e grate perché abbiamo un team di volontari, tirocinanti, studenti e altri membri dedicati ai nostri progetti e a supportare il fundraising, la comunicazione l’organizzazione di eventi. A San Francisco, per esempio, ho iniziato con il mio team la produzione creativa di Tales of Disobedience, le “Storie della Disobbedienza”, un ciclo di eventi che attira ogni volta un ampio pubblico interessato a conoscere il nostro lavoro attraverso il linguaggio potente delle forme di espressione artistica, attraverso quel processo che noi chiamiamo ARTivismo.

 

Come si fa a collaborare con voi o a darvi supporto?

Ti faccio subito un esempio concreto: Il 6 Dicembre qui a San Francisco si terrà il prossimo Tales Of Disobedience. Lo stesso giorno del mio compleanno, e se volete farmi un regalo prezioso potete contribuire con una donazione a questo link.

In queste settimane sono in procinto di creare uno spazio per SAHR in Italia, grazie alla collaborazione e all’interesse di un gruppo di avvocatesse ed attiviste interessate a far partire la scintilla vincente anche nel nostro paese. Se siete interessati ad unirvi a noi e ad offrire il vostro tempo per aiutare a trovare le giuste risorse, formare partnership strategiche, organizzare eventi interessanti di raccolta fondi che uniscono i canali artistici con l’attivismo legale, non esitate a contattarmi!

È possibile anche diventare SAHR Ambassadors e dunque divenire portavoce delle storie delle donne che difendiamo e delle avvocatesse coraggiose che assistiamo.

Infine abbiamo una partnership attiva con ReVi, un’organizzazione che impiega profughe siriane in Turchia nella produzione di bellissimi braccialetti e pupazzi per bambini. Aiutarci a vendere questi braccialetti è una forma doppia di supporto perché metà del ricavato va alle donne siriane costituendo il loro stipendio mensile, e metà va a supportare i progetti di SAHR. Insomma se state cercando una causa a cui donare anche solo 5 Euro, io e la mia comunità vi saremo infinitamente grate e potrete contribuire insieme a noi ad un’innovativa strategia legale che mira a portare una trasformazione nel mondo, inclusiva, di tutti.

 

SAHR è testimonianza per tutti noi di come grandi cambiamenti possono essere apportati da un piccolo gruppo di persone semplicemente impegnate l’una con l’altra fino in fondo in nome di qualcosa di più umano e più giusto. L’approccio appassionato e solidale e l’attitudine all’ascolto di Sara e delle sue colleghe e team members di SAHR è ciò che deve darci speranza per una società dove giovani donne si mobilitano per l’inclusione di altre giovani donne dall’altra parte del mondo, senza protagonismi, ma con tanta umiltà, entusiasmo ed autenticità.

Never doubt that a group of thoughtful committed citizens CAN CHANGE THE WORLD indeed it is the only thing that ever has.

Margaret Mead – Antropologa

Non c’è dubbio sul fatto che un gruppo di cittadini impegnati e attenti possa cambiare il mondo, anzi, è tutto ciò che abbiamo

Tutte le info su SAHR le trovate sul sito www.sa-hr.org (Sara mi ha raccontato che sta lavorando ad una nuova versione quindi, stay tuned!) e nei profili Social FacebookTwitter e Instagram.

Se volete invece contattare direttamente Sara, conoscere le sue peripezie attraverso i confini o parlare dei suoi progetti paralleli come quello di Produttore Creativo per il documentario It Will Be Chaos appena uscito, potete raggiungerla a sara@sa-hr.org.

#genderjustice #giustiziadigenere #womensrights #dirittidelledonne #wearesahr