Siamo arrivati all’ultimo appuntamento per quanto riguarda la stagione live invernale di quest’anno e la band finale ad accendere le luci sul palco dell’Off è il Pan del Diavolo. Il duo di Palermo arriva a Modena verso la fine del consistente tour italiano che li ha portati un po’ ovunque lungo la penisola promuovendo il loro ultimo disco intitolato “supereroi” e che avrà termine proprio nella loro Sicilia.

Ad aprire la serata c’è Cappadonia, anche lui siciliano, che propone il proprio album d’esordio “orecchie da Elefante” realizzato un anno fa. Questo lavoro ha visto la luce proprio grazie alla collaborazione dello stesso con il Pan del Diavolo, che hanno curato la produzione e alcuni dei brani in esso contenuti. Tutto considerato la scelta tematica è stata azzeccata ed il genere proposto, che è cantautoriale ma con una discreta matrice folk, va a braccetto con quello che sta per seguire.


Finita la propria performance, Cappadonia lascia il palco ad un ospite inatteso ma molto gradito: il maestro Vincenzo Vasi. Il polistrumentista ed eclettico compositore introduce il duo palermitano attraverso un assolo di Theremin, creando l’atmosfera giusta per dare il LA alle note iniziali di “blu laguna”, brano del primo album con cui il Pan del Diavolo inizia lo spettacolo davanti ad un pubblico in crescente trepidazione. Fin dalle prime note si percepisce come il duo abbia una perfetta padronanza del palco ed esprima una presenza di ottimo livello attraverso intrecci melodici incisivi, nei quali le due chitarre si contrappongono supportandosi a vicenda sinergicamente. Anche la scaletta risulta convincente, sia dal punto di vista dei singoli brani scelti che per quanto riguarda la giusta quantità tra i brani vecchi e quelli nuovi.

A proposito del nuovo album, però, occorre aprire una doverosa parentesi: il Pan del diavolo ha sempre proposto un certo genere di musica abituando il pubblico, attraverso i tre album precedenti, ad un concentrato di testi taglienti e ritmi folk incalzanti fino allo stremo. Eppure, nell’ultimo disco, forse a causa della produzione curata quasi interamente da Piero Pelù, forse a causa di un tentativo di cambiare leggermente direzione, tutta quella carica espressa nei primi tre album si è un po’ persa. Certo, la matrice è la stessa e lo stile non si confonde, però sta di fatto che il risultato appaia meno rabbioso, un po’ più facile all’ascolto e i testi sembrano avere gli angoli un po’ smussati rispetto ai precedenti lavori. Emblematico è l’esempio di un brano come “tornare da te” in cui, anche se un testo ispirato si fonde ad una base più simile alle vecchie sonorità folk creando un buon risultato, il ritornello arrivi però a sminuire il tutto, sembrando forgiato ad hoc per solleticare facilmente l’orecchio, piuttosto che lo spirito critico.

Tornando al concerto, il Pan del Diavolo chiude la prima parte con “tornare da te”, terza traccia di “supereroi” e riprende con i quattro brani dell’encore finale: “vivere fuggendo”, “pertanto”, “folkrockaboom” e “gravità zero”, quest’ultimo registrato con Umberto Maria Giardini.

In conclusione, il Pan del Diavolo resta senza dubbio una band importante nel panorama indie, proponendo un rock-folk di una fattura tra le più pregiate nello stivale. Allo stesso tempo però appare evidente come l’ultimo album non sia all’altezza dei precedenti poiché, nonostante l’altisonante produzione firmata Piero Pelù, il disco appare meno graffiante e, se posso permettermi, un po’ più “ruffiano”. Resta quindi il fatto che il duo sia, tra i gruppi visti all’Off di recente, uno di quelli con più mordente ma, allo stesso tempo, anche quelli col nuovo materiale meno convincente. Per usare le loro stesse parole, il Pan del Diavolo, quindi, purtroppo non sempre è avvelenato.