Arrivato al terzo capitolo di questa mia personale avventura, riguardando gli appunti e ricostruendo le idee, sembra proprio che finora il comune denominatore della proposta primaverile dell’OFF sia all’insegna dell’alchimia che avviene in quel luogo oscuro situato tra palco e platea. La prima impressione di sabato 25 Marzo è l’ennesima testimonianza del fatto che, quando si sanno quali corde toccare, il confine tra musicisti e pubblico si assottigli talmente da far apparire lo spettacolo come un unico ed indefinito essere multiforme, facendo dimenticare se il vero artista sia quello che sta sopra il palco o sotto.

L’attesa è quella delle grandi occasioni: il locale è già murato da un po’ e alle 22:50 la musica di sottofondo scema all’improvviso lasciando spazio a rumori di pale d’elicottero e di colpi esplosi. È l’inizio della “Terza guerra mondiale”, pezzo di apertura dell’omonimo album che dà anche il nome al tour e l’impatto sonoro è, appunto, lo stesso di un conflitto a fuoco. Loro, col solito piglio sfrontato di chi si fa un selfie mentre il mondo crolla alle proprie spalle, sono The Zen Circus.

Forti di una massiccia quantità di concerti, la compagine pisana è ben riuscita ad amalgamare i nuovi pezzi nel resto del repertorio, creando uno showcase omogeneo e ben equilibrato. La miscela del nuovo album è la stessa che li ha contraddistinti finora: rock potente ed asciutto, a tratti sanguigno, faccia tosta, pochi concetti ma chiari ed espressi con esplosiva vivacità.

Dopo un’oretta la band apre una parentesi molto interessante in cui rispolvera vecchi pezzi risalenti ad un periodo a loro molto caro, quando erano musicisti di strada, e la reazione è sempre molto calorosa. Finito il momento amarcord, che non snatura il contatto col pubblico ma, al contrario, lo rende più intimo, i quattro musicisti si avviano al finale ritornando alle sonorità alle quali siamo abituati e lo fanno invitando proprio il pubblico a scegliere gli ultimi pezzi, sottolineando che “la democrazia semplicemente non funziona”, esattamente come recita il titolo del brano con cui riprendono. Sarà la carica trasmessa, sarà l’euforia del pubblico che poga senza tregua, fatto sta che l’OFF è ormai diventato una bolgia infernale, tale è stata l’intensità dello show offerto.

In conclusione, repetita iuvant dicevano gli antichi e gli Zen Circus sembrano aver pienamente abbracciato questa filosofia come loro stessi ammettono: “In nove album e centinaia di live non abbiamo fatto altro che dire le stesse cose” dice Ufo, scherzando tra un pezzo e l’altro e non c’è alcun dubbio sul fatto che anche il nuovo lavoro ribadisca gli stessi concetti praticamente allo stesso modo dei precedenti. È certamente importante ricordarsi e ricordare costantemente a tutti chi siamo e ciò in cui crediamo però, così facendo, troppo spesso si corre il rischio di non maturare e di ritrovarsi caratterizzati solo dai propri cliché. A questo punto immagino che se mai gli Zen Circus dovessero leggere quest’ultima parte, con l’atteggiamento sornione che da sempre li caratterizza su e giù dal palco, mi dedicherebbero uno dei loro pezzi più apprezzati: “andate tutti affanculo”.