Poiché non posso smettere di pensare ai giardini, agli alberi, alla natura, alla natura rinchiusa, al paesaggio mortificato, l’idea è di tenere qui una specie di diario, che non avrà pubblicazioni a cadenza regolare. In realtà sarà più una raccolta di appunti.
Sarà come avere un giardino, un giardino difficile da associare all’idea di giardino che abbiamo.
E dubito sarà un giardino bello, perché si sa, ogni giardino ha bisogno di cura. E io voglio mostrare soprattutto la mancanza e l’idea distorta di cura.
Comincio oggi, per augurarci buona fine e buon inizio d’anno.

Chiara Ferrin, fotografa che vive e lavora a Modena, iniziava così il 28 dicembre del 2017 il progetto Giardini Privati, una sorta di blog presente sul suo sito.
In realtà molte foto che compongono la mostra risalgono a tempo prima, anche al 2013/2014, come lei stessa mi ha raccontato nei giorni scorsi all’interno degli spazi della Rope Gallery, in via Scarpa 18 a Modena, dove ho potuto visitare in anteprima l’allestimento che sarà aperto al pubblico da domani, sabato 11 Maggio, alle 18:00, ma di cui non voglio dare nessuno spoiler, invitandovi a gustarvela con i vostri occhi.

Un progetto in divenire, nato sbirciando all’interno di quei giardini che Chiara vedeva ogni giorno nel tragitto tra il centro di Modena e casa sua.
O, meglio, che non vedeva: c’è il desiderio di guardare al di là di muretti, siepi e cancelli, di poter vedere la bellezza di una cosa semplice ma meravigliosa come un giardino. Una fortuna riservata a pochi, a chi sta dentro quel cancello o al di là del muretto.
Poi, col passare del tempo, si accorge di come molti non abbiano cura del tesoro che hanno. E si accorge dei cambiamenti che avvengono: scompaiono siepi, rami o interi alberi. I giardini che lei ammirava vengono in qualche modo privati di qualcosa.

Chiusi dentro a recinzioni che proteggono da sguardi indiscreti, considerati puro ornamento, su di loro come una scure si abbatte l’uomo, sempre più abituato a considerare gli alberi del proprio giardino come una proprietà privata, sulla quale esercitare tutto il proprio potere. La natura, quella spontanea e ribelle, non è previsto che si esprima liberamente al di qua della rete, quindi va domata, repressa, mutilata. Ciò che di vitale possiede e ci dona un albero non sembra interessare.
È altrove, dove l’uomo non interviene più, che la natura compie la sua rivoluzione e si riproduce, sfidandoci.

Come scrive Laura Manione, curatrice della mostra, privati sono i giardini compresi entro i limiti di una proprietà. Privati, mutilati, gli alberi e i cespugli che negli stessi giardini subiscono drastiche lacerazioni. Il lavoro di Chiara Ferrin, a partire dal titolo, procede per abbinamento e contrapposizione.

All’interno della mostra ho trovato molto potenti i dittici costituiti da foto scattate nello stesso luogo e con la stessa inquadratura, a sottolineare la privazione a cui vengono sottoposti quei giardini da parte dell’uomo. Un lavoro ancora più apprezzabile se si pensa che tra una foto e l’altra sono passati a volte anche 2 o 3 anni.

Contrapposte ai dittici – prosegue Laura Manione nel suo testo critico – sono invece le immagini singole e di formato differente, scattate in un bosco spontaneo nato nella periferia urbana (Il bosco urbano di Vaciglio, ndr), bosco che “resiste” e si rinnova senza alcun bisogno di intervento, circoscrivibile solo dal perimetro di una fotografia. 

Il blog Giardini Privati contiene alcune delle foto presenti anche in mostra, testi scritti dalla stessa Chiara Ferrin a cui si alternano citazioni di libri e autori: sono le letture che hanno accompagnato la fotografa durante tutto il periodo, alcune volte dandole nuovi spunti per cogliere nuove cose, altre volte scritti a cui riusciva a dare senso attraverso quello che vedeva. Un viaggio di parole e immagini che ha costruito giorno dopo giorno questo progetto.

Nessuno ha compreso la sofferenza esistenziale davanti alla distruzione del paesaggio meglio di un grande poeta italiano e veneto, Andrea Zanzotto. Per lui, “il paesaggio è trovarsi davanti a una grande offerta, a un immenso donativo, che corrisponde all’ampiezza dell’orizzonte. È come il respiro stesso della psiche, che imploderebbe in se stessa se non avesse questo riscontro”.
Proprio per questo, “un bel paesaggio una volta distrutto non torna più, e se durante la guerra c’erano i campi di sterminio, adesso siamo arrivati allo sterminio dei campi: fatti che, apparentemente distanti fra loro, dipendono tuttavia dalla stessa mentalità”.
La violenza sul paesaggio, suggerisce Zanzotto, è il rovescio e l’identico della guerra, della violenza dell’uomo sull’uomo: esprime energia e vitalità (talora proprio per reagire alla guerra), ma lo fa provocando nuove distruzioni. Si fa in nome della vita, ma sotto il segno della morte.

Salvatore Settis, Paesaggio costituzione cemento

 

Ricapitolando:
“Giardini Privati”, mostra personale di Chiara Ferrin
Rope gallery, Via Antonio Scarpa 18 Modena
Dall’11 maggio al 31 agosto 2019
Inaugurazione sabato 11 maggio ore 18.00
Dal Lun-Ven: 18.00-19.30
Sabato 9.30-12.30/15.30-19.30
Domenica su appuntamento