Vi siete mai chiesti come nascono alcune delle idee e delle scoperte che hanno cambiato il nostro modo di vivere? A volte davanti ad una tazza di caffè caldo! Ebbene si, anche gli scienziati, che hanno fatto scoperte in grado di cambiare completamente la nostra vita, trovano conforto nella pausa caffè e da lì, tra una chiacchiera e l’altra, si può perfino sbloccare un progetto di ricerca.

Il documentario Almost Nothing ci offre un punto di vista nuovo attraverso cui guardare il Cern: non solo un luogo magico di acceleratori di particelle, bensì una città a più livelli dove scienziati, ingegneri, fisici ma anche baristi,  amministratori e insegnanti di ballo conducono il proprio lavoro in una dimensione sospesa.

 

Come ci ha raccontato la regista Anna di Manincor al termine della proiezione, la sfida del film è stata quella di mostrarci questo luogo da una visuale diversa, attraverso la comunità di persone che lavora al suo interno e lo vive.

Che cosa succede tra la costruzione di un acceleratore di particelle e la scoperta del bosone di Higgs?

Del Cern siamo abituati a vedere immense costruzioni sotterranee lucenti, stanze di controllo futuristiche e sale conferenze tirate a lucido, mentre nelle retrovie ci sono uffici pieni di tonnellate di appunti cartacei, corridoi grigi, milioni di cavi, una sala da ballo, dormitori spartani, e la caffetteria.

Sono proprio questi i luoghi del Cern in cui migliaia di scienziati conducono le proprie ricerche, in una dimensione spesso solitaria. Come racconta uno dei ricercatori alla regista Anna de Manincor, “tutto succede nelle nostre menti, ma la maggior parte delle scoperte si fanno alla caffetteria”, quel momento in cui ci si ferma, si esce dalla propria visione delle cose e si apre il confronto con gli altri.

 

Il documentario mi ha smosso una serie di riflessioni sul lavoro e la vita della comunità del Cern, e fra questi i tempi delle ricerche. A volte uno scienziato può lavorare ad una ricerca per 25 anni, per poi non vedere il progetto concludersi, o non prendere parte all’evoluzione del proprio lavoro verso uno step successivo, o ancora, essere smontato da una ricerca parallela: in un mondo dove le cose cambiano così velocemente e l’aspettativa di tutti è avere tutto subito, è sconcertante prendere atto di questa necessaria mole di tempo necessaria per le ricerche in campo fisico.

Il documentario racconta anche di frustrazione, di zone grigie e incertezze, scartoffie e solitudine, mentre personalmente avevo sempre dato a questo mondo scientifico una veste molto più pop e futuristica.

Credo che la modalità di narrazione di questo documentario, che riporta tutto ad una dimensione umana senza estetica alcuna, trovi subito la resistenza di chi, me compresa, è rimasta affascinata da queste tematiche guardando Interstellar.

Tuttavia, ripensando ad uno dei passaggi del film, in cui si vede una chiacchierata sul “vuoto” a la “materia” davanti a pizza e birra, capisco che la regista ha voluto mostrarci un Cern che non ti aspetti, fatto di persone ossessionate dal loro lavoro che si incontrano in caffetteria per parlare del più e del meno; proprio come noi, con la sola differenza che il loro “più e meno” riguarda la consistenza della materia di cui è fatto il Mondo. E di questo discutono con la stessa naturalezza con cui io magari parlo di una nuova app di project management.

Concludo invitandovi a scoprire il primo esemplare di contenuto civile apparso sul World Wide Web, che arriva proprio dal Cern.

 

Almost Nothing era il secondo appuntamento della rassegna I Wonder Stories presso il Cinema Astra di Modena, dopo Renzo Piano – L’architetto della luce di cui vi avevamo parlato in questo articolo.

Prossimo appuntamento da segnare immediatamente in agenda: lunedì 10 dicembre. State sintonizzati perché ve ne parleremo a breve.