Infinite le storie che le pagine dei libri ci raccontano, altrettanti i modi in cui solo ventuno lettere si intersecano tra di loro per farlo. Dei libri amiamo la copertina, alcuni ne piegano gli angoli per tornare là dove le righe li hanno catturati, altri perfino le sottolineano. Li sfogliamo a caso, solo per osservarne il susseguirsi ininterrotto delle parole e dello sfogliare catturarne l’odore.

Ma cosa significa lavorare in una casa editrice e ancora di più se questa nasce negli ultimi anni, di fronte alle difficoltà note? Ne abbiamo parlato con Alberto Bisi, proprietario della casa editrice 21lettere che da Piazza Grande regala ai modenesi e non solo la sua scelta, accurata ma silente.

 

Come e quando nasce 21lettere e perché la scelta di questo nome?

Che dire, erano vent’anni che volevo fare questo passo e mi sono deciso proprio nel momento giusto… 21lettere nasce pochissimo prima dell’arrivo del Covid, giusto qualche settimana. Ho una formazione letteraria tra cui una laurea in lingue e letterature straniere, un master in editoria e qualche esperienza lavorativa nel settore.

Il nome, 21lettere, riprende le lettere dell’alfabeto, non rimanda nemmeno a un’entità editore, ma agli elementi che compongono il testo.

Ciò che ci distingue è il nostro annullarci nell’ascoltare. Le copertine sono silenziose, con pochissime parole relegate alla parte bassa per lasciare preponderanza alle immagini, mentre il logo è in negativo.

La nostra grande particolarità è quella di fare solo sei libri all’anno e dal 2021 raddoppiamo: dallo scorso gennaio pubblichiamo anche sei titoli per ragazzi. All’interno del settore sono anni che si discute del fatto che vengano pubblicati troppi libri e noi abbiamo deciso di prendere posizione in merito, con una scelta drastica tra qualità e quantità.

 

Quindi per cosa si contraddistingue la vostra casa editrice e qual è il suo carattere di fondo?

In estrema sintesi: il silenzio, la scelta grafica e il rapporto tra qualità e quantità.

 

Nella descrizione del vostro progetto affermate che la combinazione di appunto ventuno lettere tanto basta e che il resto è dentro a una persona che passa a un’altra persona. Quanto è importante l’ascolto nella lettura di una storia e quanto il passaparola dei lettori nello scambiarsi titoli e volumi?

Entrambi sono fondamentali anche se l’ascolto, negli ultimi tempi, non va per la maggiore e noi che siamo dell’ambiente ce ne accorgiamo. Paradossalmente sono più le persone che scrivono di quelle che leggono.

 

Avete scelto di lavorare su sei titoli all’anno, dei long-seller. In base a quale criterio decidete quale libro e autore pubblicare? Quanto è importante il “no”, seppur silenzioso, in questa decisione?

Sono molti più i no dei , se già normalmente può essere difficile arrivare alla pubblicazione, con sei soli titoli all’anno lo è ancora di più. Non abbiamo un settore di riferimento, nessuna nicchia, non utilizziamo un vero e proprio criterio a eccezione della bellezza, ossia, in base a ciò è bello per noi. Questo si riflette nelle nostre pubblicazioni, che riguardano libri molto diversi tra loro.

 

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Quando parli di bellezza, ti riferisci al contenuto della storia, al modo di raccontarla o a com’è scritta?

Dipende. Per esempio, La spia che amava di Clare Mulley è una storia incredibile. L’ho scoperta per caso ed è stato il libro che ci ha lanciato, l’estate scorsa. È scritto in maniera avvincente ma ciò che più colpisce è la storia, di cui mi sono innamorato. Si tratta della biografia di Christine Granville, che ha avuto una vita pazzesca; la cosa incredibile è che sia tutto vero.

Sotto Natale, invece, abbiamo pubblicato Obabakoak di Bernardo Atxaga: un romanzo fatto di storie che si intrecciano, collegate tra di loro, ambientato in un paese basco immaginario. Quel che colpisce è la scrittura, di una qualità strepitosa, raffinata ed elegante, con uno stile molto diverso da ciò che viene pubblicato in questi anni. “The Guardian” lo annovera tra i venti migliori autori spagnoli di sempre e questo libro tra i migliori dieci ambientati in Spagna.

 

Come mi hai accennato, quest’anno pubblicherete anche sei libri per ragazzi. Il motivo di questa scelta?

È importante coltivare la lettura e bisogna farlo fin da giovani. La nostra fascia d’età va dai dodici ai sedici anni.

Il primo che abbiamo pubblicato è All’orizzonte di Lois Lowry, talentuosa autrice di The Giver e Number the stars, vincitrice della Medaglia Newbery, la maggiore onorificenza nella letteratura per ragazzi. Questo libro riesce a creare un coinvolgimento tale da commuovere anche gli adulti.

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Quanto è importante leggere e quanto leggono i modenesi?

Leggere è importante ed è bello, ma io sono di parte. I modenesi leggono, il livello di cultura direi che è buono, in rapporto a una media nazionale.

 

Qual è stato il ruolo del libro quest’anno e quale l’influenza su di voi come casa editrice?

Il tempo forzato a casa potrebbe far pensare a un aumento dei lettori, ma le cose si sono un po’ complicate, sono cambiate le dinamiche e non c’è stato questo grande aumento nel 2020. Per noi, che ha rappresentato l’anno di nascita, nonostante le difficoltà, ci ha dato riscontri positivi importanti facendoci capire di essere nella direzione giusta. Rimane, comunque, un anno difficile.

 

Qual è la vostra organizzazione interna e il vostro rapporto con gli autori?

Siamo in controtendenza; una delle nostre caratteristiche è quella di preferire personale interno rispetto a collaborazioni esterne, malgrado oggi, in tempi di smart-working, sia più semplice ed economico appoggiarsi a queste ultime.

Secondo me, soprattutto in ambito creativo la squadra è più della somma delle parti, per cui i risultati cambiano in termini di qualità. Dopo aver sperimentato l’aria di redazione, non ho più voluto rinunciarvi.

Per quanto riguarda il rapporto con gli autori, di solito si tratta di persone molto piacevoli e disponibili, si riesce a instaurare una collaborazione stimolante e produttiva. In gennaio abbiamo pubblicato il nostro primo autore italiano, Daniele Nadir, con La clavicola di San Francesco, incentrato sul rapporto uomo-natura e in particolare uomo-animali.

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La redazione di 21lettere

 

Qual è il ruolo di una casa editrice oggi?

Il mondo dell’editoria è in continua evoluzione e sta cambiando velocemente. Malgrado ciò, mi sono sentito definire come “un editore di una volta”; in effetti ho un approccio tradizionale, non so se sia un bene, comunque sia, siamo in controtendenza anche su quello. Il ruolo di una casa editrice oggi, in ambito culturale è ancora centrale.

 

Il Premio 21 racconti

21lettere indice un concorso, il Premio 21 racconti, la cui giuria si vede composta della redazione e degli studenti delle scuole superiori di Modena appartenenti a studi umanistico – letterari.

Presidente del comitato elettivo, Roberto Giardina, scrittore e giornalista de Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione e ItaliaOggi.

Ventuno i racconti finalisti che dovranno essere inviati entro massimo il 30 giugno 2021 per l’assegnazione del premio a novembre.

Info e approfondimenti sul sito www.premio21racconti.it