Dopo tre anni di silenzio da quello che era stato un buon disco come “senza vergogna”, il quartetto di Pordenone è tornato con un nuovo lavoro ed un nuovo tour. La seconda tappa di quest’ultimo ha luogo sul palco dell’Off di Modena e ho voluto esserci per testimoniare la presenza di quello che è uno dei gruppi tenuti più in considerazione nella scena underground italiana. È andata più o meno così…

 

Poco dopo le 23, davanti ad una discreta quantità di persone, la band inizia il concerto proponendo il nuovo album e intervallando, di tanto in tanto, con qualche pezzo dei lavori precedenti. Mi duole affermare che l’inizio dello show non è esattamente all’altezza delle aspettative. Forse, essendo appena la seconda data, non c’è stato il tempo necessario per rodare il sodalizio col palco ma nelle prime battute credo di non essere l’unico ad aver avuto l’impressione di un gruppo un po’ scollato, a tratti confusionario e poco curato nei suoni.

Riguardo il materiale prodotto in studio, i nuovi brani sono permeati di una maturità e di una ricerca stilistica che è il proseguimento del sentiero musicale intrapreso dalla band. In essi si coglie la volontà di crescere, definirsi e rinnovarsi costantemente, come il titolo dell’album “un giorno nuovo” suggerisce, senza però rinnegare un passato chiamato Prozac+. Tutto questo si traduce in una spiccata personalità, che viene fuori sia a livello compositivo dalla fusione equilibrata di chitarre e synth, sia dal punto dei testi, che permettono alle due menti del gruppo (Gian Maria Accusani ed Elisabetta Imelio) di alternarsi, anche visivamente sul palco, nel far sentire la propria voce.

Man mano che la band prosegue prendendo sempre più familiarità con la situazione, brano dopo brano, anche il pubblico sembra sciogliersi maggiormente, restituendo a propria volta maggior calore. Più il concerto entra nel vivo, più la band appare rinvigorita e convincente nell’esecuzione, riuscendo finalmente a trasmettere quell’energia che nelle prime battute aleggiava nei dintorni ma senza prendere corpo. A segnare la fine della prima grossa parte dello show è un brano che credo sentiremo spesso da questa primavera in avanti, cioè “meno male che ci sei tu”, registrato con Motta. A seguire, il “tamburo malato” ripropone altri pezzi del penultimo album, tra cui “prima che sia tardi”, “il fiore per te” e “ti amo” prima dell’outro finale.

 

In conclusione, essendo la musica un’estensione dell’animo umano, capita che la sua manifestazione stenti a raggiungere lo stato di grazia. I Sick Tamburo sono una band che spicca per contenuti ed intensità ma, da quel che ho potuto vedere, per lo meno nella prima parte del concerto, ha anche inciampato nello svelare in modo incisivo la propria sostanza e nel dare una forma definita al contenuto della propria anima. Questo è un augurio affinché possano trovare quanto prima lo stato di forma per presentare al meglio quello che è un lavoro decisamente di rilievo.