Ho iniziato qualche settimana fa ad alzare lo sguardo verso quegli strani cartelli magenta. Davvero difficile non notarli per le strade della città. Molto colore, poche parole: Etica, amore, sobrietà, felicità.. “parole che affiorano”. Una molta bella, protagonista, scritta con un carattere deciso e divertente: ALFABETI.
Poche informazioni in più.

Vado pazza per i messaggi che stimolano la curiosità, piuttosto che limitarsi a fornire dettagli.

Così ho iniziato subito ad immaginare cosa ci fosse dietro quella nuvola rosa shocking, dietro a quelle parole. Ci ho messo poco a scoprirlo, e l’articolo di Jou Caverni della scorsa settimana qui su MoCu mi ha illuminata e informata in maniera definitiva su cosa mi avrebbe atteso a Fiorano Modenese durante la prima, e a mio avviso riuscitissima, edizione di “Alfabeti. Parole che afFiorano”.

 

   Verba Volant, Scripta Manent   

Ricordo bene lo sguardo fisso della mia professoressa di italiano delle medie, che con fare quasi minaccioso ripeteva all’infinito questa locuzione latina. Me ne ricordo anche oggi ogni volta che, per esempio sul lavoro, devo motivare una scelta o rivedere un progetto e mi sono dimenticata di lasciare una traccia scritta del mio percorso decisionale. Tradotto letteralmente questo detto significa appunto “le parole volano, gli scritti rimangono”, a rimarcare che se si vuole stabilire una collaborazione o un contatto, è meglio mettere tutto nero su bianco piuttosto che ricorrere ad accordi verbali facilmente contestabili.

Poi scopro divertita che in origine tale espressione aveva invece una valenza del tutto opposta, e cioè stava a indicare che le parole viaggiano, volano di bocca in bocca, e permettono che il loro messaggio continui a circolare, mentre gli scritti restano, fissi e immobili, a impolverarsi.

Ecco cos’è successo nei luoghi simbolo della città di Fiorano Modenese lo scorso weekend; quasi settemila persone, tra Piazza Ciro Menotti, il BLA (Biblioteca, Ludoteca e Archivio storico) e il piazzale della Basilica della Beata Vergine del Castello, hanno assistito con trasporto e compostezza a 21 lezioni magistrali costruite intorno ad altrettante parole. Parole che, volando, si sono fatte idee per la comunità, visioni sul presente. Una mappa culturale di vocaboli portati sul palco da personaggi illustri e pensatori meno blasonati, tutti con lo stesso impegno e lo stesso attaccamento.

Da Umberto Galimberti, che ha aperto il festival parlando di “Amore”, a Federico Rampini che con la conferenza/spettacolo “Linee Rosse” ha compiuto un viaggio simbolico attraverso i continenti per raccontare i fragili equilibri geopolitici del nostro tempo.

Poi Gustavo Zagrebelsky che, in occasione della festa della Repubblica, ha dialogato con il sindaco Francesco Tosi di ‘Costituzione’; i suggerimenti di Francesco Gesualdi nella sua “Sobrietà”; Franco Farinelli con un monologo sul concetto moderno di “paesaggio” al tempo della globalizzazione e ancora Gad Lerner, al quale è stata affidata la parola “Razza”. Tutto esaurito e pubblico molto giovane per il contributo di Andrea e Vittorio del collettivo Lercio, che hanno illustrato con grande verve e ironia il loro concetto di “Bufala”.

E ancora un poker di donne visionarie ed energiche: Michela Borsari si è interrogata sul termine “Piazza”, a seguire Marta Zura-Puntaroni con “Molteplicità”, passando a Paola Maugeri con la sua “Resilienza” rock e arrivando poi ad Azzurra d’Agostino che ha interpretato la parola “Visibilità” con le sue delicate poesie.

Lezione di Paola Maugeri - FFoto di Andrea Nocetti
Lezione di Paola Maugeri – FFoto di Andrea Nocetti

Sul piazzale gremito del santuario Vito Mancuso si è espresso in maniera impeccabile sulla parola “etica” per ricordarci che ogni nostro gesto può e deve contribuire a preservare la bellezza del mondo e per finire il fiume in piena, incontenibile, Alessandro Bergonzoni con un dedalo apparentemente senza uscita di riflessioni proprio sul termine “Parola”.

Lezione di Vito Mancuso - foto di Andrea Nocetti
Lezione di Vito Mancuso – foto di Andrea Nocetti

In ultimo, non certo in ordine di valore, a concludere questa tre giorni di interessanti simposi, il video-reportage Passaparola, a cura di Andrea Nocetti, che ha chiesto ai cittadini e agli instancabili volontari del festival quale parola salvare nel dizionario della lingua italiana. Il risultato è un coro partecipato di persone che hanno necessità di riscoprire e condividere concetti come l’educazione, la politica, l’artigianato, la giustizia, la comunità, l’umiltà o la bellezza.

 

Io personalmente salverei la parola “eretico”, che ha origine dal greco αἱρετικός e nella sua etimologia significa ‘che sceglie’, senza contenere giudizio né implicazioni morali.
E se dunque “la parola è un impegno verso qualcuno”, frase simbolo su cui si incardina il Festival Alfabeti, è vero anche che la parola serve ad innescare il fuoco della riflessione, a stimolare comportamenti e appunto scelte, ed è ciò è scaturito con forza da questo evento.

Un’esperienza semplice, organizzata, fruibile. Poche menate (si può dire?), poco contorno, poche distrazioni.
Quindi, grazie Alfabeti, mi sento un po’ meno sola.
Ci vediamo l’anno prossimo.

“Le parole ci stanno chiedendo aiuto, le parole ci stanno dicendo: ma ci sentite o no?”
Alessandro Bergonzoni, nella lezione conclusiva del festival.

Lezione di Andrea Purgatori - foto di Andrea Nocetti
Lezione di Andrea Purgatori – foto di Andrea Nocetti