Il giorno di Santo Stefano, Simone Fazio espone alcune delle sue Nature Morte a Hiro Proshu Gallery, in via Sant’Eufemia 55. Sono andata a trovarlo nella sua casa studio di Castelfranco Emilia, piena di libri, fumetti e tavole originali da Batman a Dylan Dog, da Maicol&Mirco a Hellblazer; e data la peculiarità dei suoi autoritratti in forma di cd, non si poteva che parlare di musica e arte.

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Come definiresti il tuo rapporto con la musica?
“Coi primi soldi ho comprato Superunknown dei Soundgarden; da lì in poi mi son sempre dedicato a suoni piuttosto neri, oscuri, pesanti e distorti”.

Vieni da un passato da batterista, che in parte ha convissuto con il tuo percorso di pittore: cosa ti dava suonare e che differenze vedi nelle due forme di espressione?
“Suonare era una responsabilità collettiva; alla fine delle prove e dei live quello che mi restava era un senso di catarsi, vuoi per la stanchezza, vuoi per la concentrazione richiesta, e soprattutto il feedback era immediato. In pittura invece l’impegno è personale, si può raggiungere la stessa sensazione di catarsi lavorando sull’opera al muro in un percorso più immersivo, prendendosi il proprio tempo mentale”.

Perché hai scelto di rappresentare secondo il codice della natura morta oggetti che sono contemporanei e allo stesso tempo obsoleti come i cd?
“Le mie Nature Morte sono ‘allegorie’. Gli accostamenti sono piccoli racconti di vizi, di follie, di ansie, paure, tentativi e fallimenti della vita moderna. In un periodo dove il legame con l’oggetto e il suo possesso definisce spesso l’imbarbarimento sociale e culturale mi è sembrato doveroso cercare di raccontare il fenomeno attraverso forti contrasti e cortocircuiti interpretativi. 
I cd che ho dipinto fanno parte della mia raccolta, oggetti che ho accumulato nel tempo credendoli eterni e che invece si sono rivelati superati in breve tempo dopo l’introduzione dell’mp3: in ‘Autoritratto’ ho voluto rappresentare i dischi che hanno avuto per me un peso formativo e che ciclicamente riprendo ad ascoltare mentre dipingo, mentre in ‘Nine Inch Nails’ ho celebrato il gruppo che maggiormente ha influenzato il mio immaginario musicale. In entrambe le situazioni ho dipinto oggetti che sono stati cercati, desiderati, accumulati (non solo da me) e che ora ci guardano dall’alto di una mensola attraverso un velo di polvere, non completamente in disuso, ma quasi. Anche questa, interpretandola come volete, è una forte allegoria di ciò che siamo e di ciò che facciamo”.

Simone Fazio è autore della copertina d’artista di Mocu del giugno 2015. Il suo lavoro è stato presentato in occasione di diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero a partire dal 2005; una sua opera, ‘My fuckin’ black heart’, appare sulla copertina dell’album A Better Man degli One Dimensional Man.