In occasione del festival sulla Migrazione che si terrà questo weekend, la Galleria d’arte Pac di Novi di Modena proporrà un intervento domani mattina (sabato 26 novembre) dalle 11.15 alle 12.45 con un gruppo di ragazzi delle scuole medie Anna Frank. La tematica affrontata sarà per l’appunto l’immigrazione attraverso la storia di George Saliba, pittore attualmente in mostra. La storia di George, coiffeur di giorno e artista di notte arrivato in Italia dalla Siria, è l’antidoto perfetto contro i pregiudizi di stagione.
Tendenzialmente andiamo noi a caccia di artisti, in questo caso è stato George a trovare noi:
 ha mandato un messaggio di posta con alcune foto dei suoi lavori nella pagina della galleria. Di tutte le varie proposte lui è stato l’unico ad attirare la nostra attenzione. E’ stato lui a contattarci e, aggiungerei dire, meno male che lo ha fatto. Abbiamo 
fissato un appuntamento per andare a vedere i suoi quadri, fino a quel momento c’eravamo sentiti solo per telefono e per mail. Ad aprirci la porta una bellissima ragazza bionda mai senza il sorriso e George, un po’ meno sorridente ma egualmente appagato nel vederci.
 Le opere hanno convinto subito: George è un pittore interessante che abbandona la tecnica ad olio trovando nella rapidità di essiccazione dell’acrilico la complice che sta al passo con la sua frenesia.
 La padronanza nella stesura del colore gli permette di plasmare corpi dai tessuti vivi, con
 strati di pelle sottile, troppo sottile, trasparente: come se l’afflizione gli avesse bruciato il primo strato di epidermide. 
Pelli da pennellate staccate, brandelli uniti dalla sola tensione dello sguardo.
Corrugarsi di fronti, mani grandi che accolgono, sguardi tristi.
Ci sono stati un secondo e un terzo incontro nel quale abbiamo cercato di capire il suo percorso artistico, gli studi, la tecnica. 
George, in Italia da poco più di un anno, si esprime bene in Italiano spiazzandoci di tanto in tanto con l’utilizzo di terminologie piuttosto forbite come frenetico, indisposto o frainteso. Ma come fa? “Ogni volta che sento un termine nuovo, un termine che mi piace me lo segno. Non è facile la vostra lingua, ma è molto bella”.

Si racconta, partendo dalle sue origini: “Sono Siriano, di Aleppo. Sono venuto qui da poco più di un anno con mia moglie.
 Di giorno faccio il parrucchiere e nel tempo libero dipingo”. A questo punto Mary, la moglie, lo interrompe specificando con un bel e sorridente : “Sempre”.
 Racconta che “la traversata in mare è stata difficile, ma ora io e mia moglie siamo felici nonostante le difficoltà”.
In Siria Mary e George stavano bene, conducevano una vita serena e abbiente. I suoi quadri lì hanno una quotazione alta e George lavorava più come pittore che come parrucchiere.

La sua produzione è ricca, è riuscito in pochi mesi a realizzare ben ben 25 quadri, tanti considerando che lavora 6 giorni su 7 . L’ammontare delle sue opere ad oggi si aggira intorno alle 700, anche se ammette che potrebbero essere 1000.
Inizia a disegnare prestissimo, a soli 13 anni. Dal 1999 al 2000 frequenta l’accademia Rolen Khouri dove si sente subito attratto dalla pastosità dei colori. È costretto a terminare gli studi a causa della chiusura della scuola per via della guerra.
 Scappa dalla Siria, si sradica da Aleppo scegliendo l’Italia come nuova culla. Perché proprio l’Italia? “Per l’arte”. Racconta d’esser sempre stato affascinato dalla tradizione artistica Italiana, ammirando sin da piccolo i grandi maestri del disegno.

Domani sarà l’ultimo giorno della personale di George, ‘Pelle’, alla galleria Pac. Da mercoledì tocca a ‘Bruma- una sera d’inverno’, la personale del colombiano Juan Eugenio Ochoa.