Livello 3

Continuano gli appuntamenti con le passate edizioni di Trasparenze Festival raccontate attraverso il romanzo “Le città invisibili” di Italo Calvino. Vi ricordiamo che potrete leggere gli elementi che compongono ogni racconto in due modi: scegliendo di seguire la linea temporale delle edizioni, oppure, al termine della pubblicazione di tutti e cinque i livelli, potrete leggere solo gli elementi relativi ad una edizione, ritrovandola in tutti i racconti pubblicati.

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In una Modena quasi deserta, Marco Polo incontra Stefano , direttore artistico del Teatro dei Venti, e ascolta il suo racconto su ciò che è andato in scena fino a quel momento.

Un’altra alba. Un altro giorno su questa Modena deserta, la terza del mio viaggio. Racconto a Stefano che, dopo i suoi racconti del nostro secondo giorno, i miei sogni sono stati popolati da balene e funamboli: mi ritrovavo a correre nel cielo, cavalcando una maestosa balena bianca. Mentre altre balene, numerosissime, entravano nelle case deserte poste sotto la Ghirlandina. Ci soffiavano dentro. E quel loro soffio, riaccendeva la vita. Stefano sorride di queste immagini. Sarei curioso di vedere il mondo con gli occhi di quest’uomo.

Marco Polo

 

Edizione 2014/15 – Le città e i morti

All’interno della terza edizione di Trasparenze, si sono svolti gli incontri di “Teatro sospeso”, tre appuntamenti volti ad approfondire il pensiero sul teatro contemporaneo e sul suo processo creativo. Negli ultimi tempi alla parola “teatro” era stato avvicinato l’aggettivo “morto”: ripensando ora a quell’edizione, credi che il teatro si potesse definire davvero come “morto”? Quale pensiero era scaturito da quegli incontri?

Alla luce del periodo di chiusura che abbiamo vissuto e della graduale ripartenza in atto, ho conferma che una parte del teatro come lo si intende comunemente sia giunta al capolinea. Il teatro è morto, viva il teatro! “Teatro sospeso” era nato in collaborazione con Silvia Mei, oggi docente dell’Università di Bologna, proprio per scandagliare le difficoltà e le potenzialità delle esperienze della scena contemporanea. Il titolo di quel ciclo di incontri traeva spunto dalla pratica del cosiddetto “caffè sospeso”, un gesto solidale in uso a Napoli per cui si offre a uno sconosciuto il piccolo ristoro di una tazzina di caffè. Giocavamo sul doppio senso del termine “sospeso” per parlare di fare e organizzare teatro con studiosi, critici, operatori e artisti. Nel 2015 furono tre gli incontri ospitati a Trasparenze, il primo sulla scena teatrale degli anni Zero, sui nuovi modelli creativi, il secondo su Reti e Coordinamenti, il terzo sul Teatro dei Venti, che quell’anno compiva 10 anni. Furono momenti importanti per chiarire ai noi stessi cosa non volevamo essere e quali armi avremmo dovuto affinare.

 

Edizione 2018 – Le città e il cielo

“Mi sembra di toccare il cielo con un dito” è una frase molto poetica che indica una sensazione di felicità estrema. Sicuramente, ti sarai sentito in questo modo quando, per il premio Rete Critica 2018, la sesta edizione di Trasparenze Festival è risultata finalista nella sezione “comunicazione”. Che significato ha avuto per voi questa menzione?

Il ricordo è agrodolce, quell’anno infatti non abbiamo conseguito il Premio, forse anche perché non giocammo bene le nostre carte nella presentazione finale al Teatro Verdi di Padova. L’esperienza però ci servì per prepararci al meglio per l’anno seguente, quando presentammo il progetto organizzativo di Moby Dick, questa volta portando a casa il riconoscimento.

Edizione 2016 – Le città e la memoria

Il 6 e il 7 maggio 2016, presso la Casa protetta San Giovanni Bosco, si è svolto il laboratorio “Senza sparire” condotto dalla Compagnia BRINCADERA. Puoi raccontare il significato di questo progetto e cosa ne è scaturito?

Compagnia Brincadera e il suo regista Giuseppe Goisis sono tra gli amici che hanno accompagnato la nascita del Teatro dei Venti, con loro abbiamo condiviso una certa visione del teatro come pratica artigianale e come momento di riconoscimento della comunità. “Senza sparire” era un laboratorio che traeva origine da un progetto che Giuseppe aveva condotto nelle valli bergamasche qualche anno prima. Nel laboratorio si apriva la miniera dei ricordi, dei suoni, delle storie insieme agli ospiti della Casa Protetta. Il Festival serve anche a parlare al quartiere, a far parlare il quartiere. Quel laboratorio, così intimo, contribuì a condividere una memoria che si stava perdendo. Attività come queste non sempre hanno un esito aperto al pubblico, spesso restano come esperienza preziosa per i partecipanti.

 

Edizione 2013 – Le città e i segni

“Sorprendersi, stupirsi è iniziare a capire. Memo per #Trasparenze2013”. In uno dei video su youtube questa frase era scritta su un post-it giallo sopra ad un leggio. Che significato ha avuto questa frase nella seconda edizione di Trasparenze? Quale segno speravi di ottenere e quale hai lasciato? E soprattutto, quale segno Trasparenze 2013 ha lasciato su di te?

L’idea dei post-it era nata da un’iniziativa di Memo Grandi Magazzini Culturali, progetto editoriale che racconta il comparto culturale e creativo, grazie alla proposta di Agostino Riitano, co-direttore di quell’edizione. Gli spettatori, lo staff, i volontari, tutte le persone che passavano dall’Area Festival potevano scrivere i propri pensieri, le citazioni da ricordare, gli appunti per il futuro e potevano fotografarli e condividerli sui social. Erano anni in cui si sperimentava un racconto in diretta di quello che accadeva, per restituire un’atmosfera, per avviare una riflessione e per farsi riconoscere dalla propria comunità, ancora senza l’utilizzo di dirette video. Il Teatro dei Venti esisteva da 8 anni, e nonostante le tante esperienze era ancora una giovane realtà, il Festival aveva un impianto classico, con un solido programma di teatro e performance della scena contemporanea, ma qualcosa si muoveva dai margini. Un’energia interpretata dalla Konsulta, la quale non era pilotata dalla direzione artistica, ma entrava in relazione con tutto il contesto. La seconda edizione di Trasparenze è stata una sorpresa, perché dopo l’entusiasmo della prima serviva una conferma e questa conferma è arrivata: eravamo riusciti a rendere riconoscibile il nostro Festival. È diventato un appuntamento atteso dal pubblico e dalla critica, anche a livello nazionale.

2013. Fotografia di Daniele Casciari Trasparenze Festival MoCU Modena Cultura
2013. Fotografia di Daniele Casciari

 

Edizione 2019 – Le città e il desiderio

“Trasparenze Festival è un atto poetico e politico di resistenza. Di resistenza ai sogni finiti, ai sogni infranti, delle utopie mancate”. Durante un’intervista a RadioInBlu, con queste parole hai descritto l’avvio della settima edizione del festival Anche l’edizione 2019 si è rivelata tale? Ripensando a quei giorni e scegliendo una Compagnia ospite che ti ha colpito maggiormente, puoi raccontarmi sogni e le utopie che hai incontrato?

La settima edizione di Trasparenze è forse quella che più si è basata sul progetto complessivo piuttosto che sulle compagnie o su singoli punti di forza. Anche il debutto di Moby Dick, per quanto fosse l’evento di punta, era comunque al servizio di una drammaturgia complessiva, che abbiamo intitolato “Muovere Utopie”. Con Giulio Sonno, consulente alla direzione artistica, avevamo elaborato un testo che riassumeva il desiderio e gli intenti del Festival. Eccolo:

Ultimamente l’umanità assomiglia a un vecchio leviatano incastrato nella porta del tempo: non riesce né a tuffarsi nel futuro né a trovare la giusta spinta nel passato. Se ne sta lì, affannato e sgomitante, impotente, come una balena in un acquario: ha perso lo slancio, i ricordi e persino la capacità di sognare.
Ma è possibile sognare, oggi? Sognare in grande?
Sognare qualcosa che non possa essere comprato, qualcosa che non scada col passare delle mode, qualcosa che accolga e raccolga l’impegno di ciascuno iscrivendolo in un orizzonte nuovo, più vasto, irraggiungibile forse ma comune, verso cui provare per una buona volta a tendere tutti quanti?
Aiutiamo il leviatano a sognare l’impossibile.
Liberiamolo dalla sua gabbia di cinismo, egoismo e rassegnazione.
Risvegliamolo. Riscuotiamolo. Rinnoviamolo.
Ricominciamo insieme a muovere utopie.

2019, Balena. Fotografia di Chiara Ferrin Trasparenze Festival MoCu Modena Cultura
2019, Balena. Fotografia di Chiara Ferrin

Potrei aggiungere altro a parole come queste? In alcuni contesti, il silenzio è l’unica forma di rispetto possibile. Volge la notte. Ed io, tenendo strette le ultime parole di Stefano, spero di riuscire a sognare il vecchio leviatano che si ridesta.

Marco Polo

 

www.trasparenzefestival.it
www.teatrodeiventi.it