Nel 1944 i giovani di Golfiera che si trovavano a casa perché renitenti alle chiamate della Repubblica di Salò, o non ancora dell’età dell’obbligo militare, aderirono ai gruppi di Resistenza, partecipando alla lotta partigiana in modo attivo con azioni di sabotaggio e guerriglia nelle zone di Nonantola e paesi vicini. […] La Commissione Provinciale per il riconoscimento di Partigiani riconosce numero sedici partigiani, fra cui due donne per meriti conseguiti sul campo, inquadrati nel Battaglione Achille delle Brigate Garibaldine […]”.

Questo che ho appena riportato è uno stralcio delle memorie del Sig. Ovidio Magnoni, novantatré anni, nonno della nostra cara Elisa Magnoni, che ha combattuto tra le fila dei partigiani durante la Resistenza. Il Sig. Ovidio Magnoni è nato, cresciuto e ha combattuto a Nonantola, dove tutt’ora vive. In occasione del XXV aprile, celebrato oggi in una fase di sospensione a cui spesso viene dato l’appellativo di guerra, ho avuto l’onore di porgli alcune domande su una parte di Storia che tanto ha inciso sulla nostra vita di oggi.

 

Il Sig. Ovidio parte con il racconto di alcuni dei suoi ricordi.

Mia madre era rimasta vedova. Per mantenere me e i miei due fratelli è stata costretta ad emigrare in Germania per cinque anni, lasciandoci dai miei nonni materni. Io ero il più grande, all’epoca avevo undici anni. Ho avuto la fortuna di andare a scuola e di avere come maestra la signorina Sestilia Maiorelli: era la decana dei maestri a Nonantola, l’insegnante dei nostri padri. Mi aveva preso talmente bene, che mi metteva in castigo preventivo. Quando ci dava un compito difficile mi diceva “Tu adesso stai lì, lo fai in brutta copia ed io te lo correggo. Vai a casa solo dopo averlo fatto bene perché non posso permetterti di farti perdere un anno scolastico. Quando diventerai grande, capirai il perché”. E infatti, poco tempo fa, l’ho sognata!

Io ero responsabile di un gruppo di partigiani: rapportato ai gradi dell’esercito italiano, il mio corrispondeva a Sergente. Mi hanno dato anche un diploma d’onore firmato dal Presidente Pertini! Quando abbiamo visto che nascevano i gruppi partigiani, abbiamo preso contatto e ci siamo arruolati per lottare con i Partigiani: noi siamo quelli che hanno premuto il grilletto. Eravamo un gruppo di sedici partigiani, tra cui due donne staffette. Il mio nome di battaglia era Ariossa: era il protagonista di un film ed era un patriota.

Fotografia di Elisa Magnoni MoCu Modena Cultura
Fotografia di Elisa Magnoni

Lei è diventato partigiano a 17 anni, davvero giovanissimo. Mi piacerebbe conoscere il Sig. Ovidio prima della lotta partigiana e della guerra: quali erano le sue aspirazioni? Cosa sognava di fare da grande?

Io sono nato il 26 maggio 1927 e sono diventato partigiano quando avevo 17 anni. In quegli anni i giovani sognavano di andare a lavorare in FIAT, a Modena. Ed io, che frequentavo le scuole professionali a Crevalcore (BO), volevo diventare un operaio specializzato della FIAT. C’ero pure riuscito! Poi però sono arrivati la guerra e i bombardamenti e ho dovuto lasciare quel lavoro per cercare di sopravvivere con mestieri di fortuna che si trovavano qui in zona. Ho fatto addirittura il bracciante!

Bombardavano e si rischiava la vita, avevano bombardato anche uno dei quartieri più popolati. Per questo ho deciso a diciassette anni di arruolarmi tra i partigiani: per liberare la mia città, per liberare l’Italia. Volevo dare il mio contributo per riscattare l’Italia da quello che aveva causato il fascismo.

 

L’esperienza della guerra quanto e come l’ha cambiata?

La guerra ci ha mostrato una realtà molto diversa da quella in cui abbiamo vissuto fino a quel momento. È in quel periodo che siamo cresciuti, che siamo diventati uomini. Ma i cambiamenti non si sono limitati alla sola fase della guerra: dopo la liberazione abbiamo partecipato alla ricostruzione del paese e questo ci ha riempiti di orgoglio. Dopo aver lasciato il posto alla FIAT, ho lavorato nell’edilizia: non potete immaginare la soddisfazione che provavo quando si consegnava alla città un palazzo costruito, c’era tanto bisogno di case.

Fotografia di Elisa Magnoni MoCu Modena Cultura
Fotografia di Elisa Magnoni

I ragazzi di diciassette anni oggi quanto sono differenti rispetto a quando Lei aveva diciassette anni?

Difficilmente sono in grado di dare un giudizio su questo: oggi ci sono degli strumenti che alla mia età nessuno avrebbe potuto immaginare o credere. Lo sviluppo del paese ha portato dei miracoli economici in cui i giovani sono riusciti ad entrare con successo.

 

In che modalità avveniva il coprifuoco durante la guerra? C’è qualcosa che vorrebbe dire oggi a chi è costretto a restare chiuso in casa?

Ad un certo orario non si poteva uscire. Soprattutto i fascisti avevano paura ad uscire: temevano le imboscate dei partigiani. In casi eccezionali, si poteva richiedere un permesso in caserma dai carabinieri o in comune, a seconda della situazione. Per quanto riguarda quello che sta succedendo oggi, io dico solo che è un provvedimento eccezionale preso da un governo in un momento particolare che è straordinario.

 

Quali erano le percezioni poco prima del 25 aprile?

Pochi giorni prima eravamo in attesa dell’arrivo degli Alleati, fermi a Salerno e in Sicilia: aspettavamo il loro arrivo per dare il colpo di grazia e terminare finalmente la guerra. Volevamo riscattare l’onore dell’Italia, lo volevamo fortemente… lo dimostra il numero dei morti che abbiamo avuto a Modena e anche di Nonantola. Dopo la Liberazione eravamo entusiasti: eravamo riusciti a sbarazzarci di chi aveva portato l’Italia alla rovina.

Fotografia di Elisa Magnoni MoCu Modena Cultura
Fotografia di Elisa Magnoni

Subito dopo la guerra, quali sensazioni ha provato e come ha ridefinito la sua giornata quotidiana?

A Redù (Nonantola) c’era la Villa della famiglia Rizzi, proprietari di un’officina a Modena: questa famiglia aveva aperto le porte della loro casa, le avevano aperte alla popolazione intera mettendo a disposizione cibo e vino. Questa cosa ci colpì moltissimo perché loro erano i “benestanti”, erano quelli che stavano bene.

C’era voglia di festeggiare ovunque, abbiamo anche sfilato per la città di Modena, cantando canzoni sulla libertà! E la gente dalle finestre ti gettava i fiori, una cosa enorme!

Fotografia di Elisa Magnoni MoCu Modena Cultura
Fotografia di Elisa Magnoni

Dopo la guerra mi sono impegnato nella ricerca di un lavoro: volevo immettermi nella produzione per poter vivere. C’era molta solidarietà tra la gente: ricordo che nel quartiere in cui vivevo, se qualcuno si ritrovava in difficoltà serie, gli altri cercavano di aiutarlo dividendo quel poco che avevano. Questi sono gli esempi che mi hanno guidato in seguito per il resto della vita (il Sig. Ovidio, in tutta la sua esistenza, ha continuato a fare del volontariato, ndr).