Per il format ideato da STED, in collaborazione con Dj Era Degli Esposti di Olgaproduzioni, è andato in onda il secondo episodio di MAB.059, alias ModenArtBox 059.

Ed è proprio l’immagine della nostra città ad aprire la trasmissione: uno sguardo roteante su una Modena serale, quasi in procinto di addormentarsi. Noi ci ritroviamo sopra di lei, a scrutarla in cerca dei suoi sogni e per liberarci dei nostri incubi.

In scena, o per meglio dire in diretta, ritroviamo Tony Contartese e Marco Marzaioli, mossi dal desiderio di non far assopire troppo a lungo gli animi e di scuoterci mostrando che la cultura cerca ancora in tutti i modi possibili di resistere.

E come possono due attori perseguire il loro intento e il loro desiderio di teatro se il palco è precluso? Semplice, utilizzando uno strumento potente quanto il corpo: la voce.

Quando il buio della notte reclama i tuoi sogni, alza gli occhi al cielo e ascolta.

Non a caso, è proprio questa la frase di apertura della diretta. E quindi anche noi, sognatori inguaribili, cerchiamo di tenere ben stretti a noi i nostri sogni. E ascoltiamo.

 

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Foto di OlgaDischiVolanti

 

L’ultimo episodio trasmesso s’intitola Hamlet. La storia di un principe.

Come Tony Contartese afferma

È la storia di un principe che deve diventare re. Di un figlio che piange la morte di un padre. Di una madre che diventa vedova ma che sposa il fratello del marito morto. E di un fantasma.

E ormai non siamo più a Modena, siamo già stati portati altrove: condotti da due voci, come Caronte con le anime dannate, lasciamo casa per ritrovarci all’interno di un castello in Danimarca.

Amleto è un personaggio solitario. E nella solitudine si trovano tanti pensieri.

 

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Foto di OlgaDischiVolanti

La “scena” inizia a prendere forma, lasciando indietro i due attori e gli scherzi complici che si riservano in diretta.

Ci ritroviamo a un matrimonio, quello del Re Claudio con la regina Gertrude, la vedova. Sul fondo della sala s’intravede un Amleto non proprio felice delle seconde nozze di sua madre.

Ed è a questo punto che Tony Contartese si trasforma, proprio come succede in un teatro, e la sua voce prende fuoco: è il dolore di Amleto, la sua rabbia nei confronti della frettolosità della madre che sentiamo tremare nelle sue corde vocali. Lui non comprende e ne soffre: il padre, morto da neanche due mesi, è stato quindi già dimenticato dalla regina Gertrude?

Ancor prima che invecchiassero le scarpe con cui seguiva il corpo del mio povero padre tutta in lacrime

sbotta furioso Amleto.

 

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Foto di OlgaDischiVolanti

 

Ma, Contartese ci aveva avvisati: questa è anche la storia di un fantasma.

Sentiamo un cuore battere, lentamente, in sottofondo, mentre l’atmosfera si fa cupa e più oscura. Orazio, amico di Amleto, gli confida che è proprio lo spirito di suo padre, armato di tutto punto, quello che egli ha visto aggirarsi tra le mura del castello, uno spirito che però “provava più dolore che collera”.

Ed è proprio questo spirito, con in sottofondo una musica elettronica, a raccontare al principe cosa è veramente accaduto: non è stata una serpe a mordergli un orecchio mentre il re dormiva. Ma il fratello, ora marito di sua moglie, gli ha versato in un orecchio un potente veleno, portandogli via nel sonno in un sol colpo “la regina, la vita e la corona”.

È vendetta quella che lo spirito reclama, vendetta contro lo zio assassino. Amleto non può restare indifferente: i suoi pensieri, da quel momento, promette al defunto padre, saranno solo di sangue.

Il resto della storia la conosciamo tutti: siamo testimoni dell’amore puro e immacolato di Ofelia che giunge prima alla pazzia e poi al suicidio/morte; diventiamo spettatori muti dei tradimenti e del dolore di un Amleto incapace di agire in concreto e lo osserviamo, titubante, continuare a tergiversare rimandando fino a un lontano domani il compimento della vendetta.

Per poi giungere all’epilogo, al combattimento finale tra Amleto e Laerte, fratello di Ofelia, (raccontato da Contartese come un cronista sportivo) e alla morte di tutti i protagonisti, per poi assistere infine alla salita al trono di un degno erede: Fortebraccio.

E con quest’ultimo, ci ritroviamo a sperare insieme alla Danimarca di essere di fronte all’alba di in un futuro luminoso.

 

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Foto di OlgaDischiVolanti

 

L’attenzione però viene prepotentemente catturata dall’apparizione del fantasma, ossia dall’incontro dello spirito del re defunto con Amleto: il padre, prima di svanire al sorgere del mattino, dirà al figlio: “ricordati di me”.

Ricordati di me.

Forse la scelta da parte della compagnia STED di questo testo vuole essere un richiamo alla situazione dei teatri (e della cultura) di oggi? D’altra parte, come Contartese stesso afferma all’inizio della diretta, la potenza e la bellezza di questa tragedia è che possiede la capacità di parlare a ogni tempo contemporaneo, qualunque esso sia, riuscendo sempre a raccontare qualcosa della società in cui viene rappresentata.

E c’è forse da credere davvero che oggi siamo tutti un po’ Amleto: incapaci inizialmente di agire e immobili nel nostro dolore, osserviamo lo svanire di un fantasma del passato, tanto amato nella nostra vita.

Ma sul finale della tragedia, risoluti a vendicare la morte di questo spirito così importante nella nostra vita.

 


Continuando a prendere in prestito le parole di Tony Contartese:

Il resto, miei cari spettatori, non è che silenzio.